E' morto Dmitry Markov by Filippo Venturi

RIP Dmitry Markov.

"A poche ore dalla notizia della morte di Aleksei Navalny, dalla Russia le agenzie di informazione riferiscono della morte, a 42 anni, del fotografo Dmitry Markov, noto per aver documentato con il suo iPhone la Russia sotto il governo di Putin e le proteste del 2021 per la liberazione di Aleksei Navalny."
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"Russian photographer Dmitry Markov has died at the age of 42, local media in his hometown of Pskov said Friday, citing his friends. Markov, who relied solely on an iPhone for his photography, became famous for capturing images of everyday life in Russia and its regions. His photo of a masked riot police officer sitting under a portrait of Putin became a symbol of the 2021 protests against the imprisonment of Kremlin critic Alexei Navalny."
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Il suo canale Instagram: https://www.instagram.com/dcim.ru

Nella rete by Filippo Venturi

Guidavo per le campagne coreane quando ho notato un pescatore intento a catturare pesci con una rete. Ho parcheggiato l'auto, siamo scesi e gli siamo andati incontro. Non parlavamo la stessa lingua ma vedendo la mia fotocamera ha capito che ero intenzionato a ritrarlo proprio lì, in mezzo al fiume. Cosa che mi ha concesso. Subito dopo, come colpito da una illuminazione, col movimento delle mani ci ha invitati in casa sua dove ci ha presentati una donna e un altro uomo. Nessuno capiva nessuno, ma si sono fatti ritrarre dentro e fuori casa mentre, intanto, allestivano una tavola per offrirci la cena.

Questo incontro mi ha vagamente ricordato il racconto Viewfinder, di uno dei miei scrittori preferiti. Rivedendo le fotografie, c'è qualcosa di più, un sapore cinematografico che permea i loro volti. In particolare, il ritratto davanti alla casa mi fa pensare a una locandina di un film, i cui personaggi sembrano adorabili.

Raymond Carver, Viewfinder by Filippo Venturi

Mirino

Un uomo senza mani bussa alla mia porta per vendermi una foto della mia casa. A parte gli uncini cromati, è un uomo sulla cinquantina dall’aspetto ordinario.
“Come ha perso le mani?” chiedo, dopo aver saputo cosa voleva.
“Quella è un’altra storia” dice lui “La vuole questa foto o no?”.
“Venga dentro” dico io “Ho appena fatto il caffè.”
Ho appena fatto anche della gelatina alla frutta. Ma non glielo dico.
“Approfitto della toilette, se posso.” Dice l’uomo senza mani.
Voglio vedere come riesce a tenere una tazza. Già so come fa con la macchina fotografica. È una vecchia Polaroid, grande e nera. La tiene legata a delle cinghie di pelle che gli passano oltre le spalle e si incrociano sulla schiena, così che la fotocamera sia assicurata sul petto. Si piazza sul marciapiede di fronte alla vostra casa, centra la casa nel mirino, preme il bottone con uno degli uncini, ed ecco che salta fuori la fotografia.
L’ho osservato dalla finestra, capite?
“Dove ha detto che si trova il bagno?”
“Giù di là, a destra.”
Piegandosi, ingobbendosi tutto, riesce a liberarsi dalle cinghie. Mette la fotocamera sul divano e si rassetta la giacca.
“Può dare un’occhiata a questa nel frattempo.”
Prendo la fotografia che mi porge. Si vede un rettangolino di prato, il vialetto, il garage, le scalette d’ingresso, la finestra panoramica e la finestra della cucina, dalla quale l’ho osservato.
Mi chiedo perché dovrei volere un’istantanea di questa tragedia.
Guardo un po’ più da vicino e vedo la mia testa, la mia testa, dentro la finestra della cucina.
Vedermi lì, così, mi ha fatto riflettere. Ve lo assicuro, sono cose che fanno riflettere.
Sento il rumore dello sciacquone. Arriva nel salotto, sorridendo e chiudendosi la lampo, un uncino che tiene la cintura, l’altro che piega la camicia.
“Cosa ne pensa allora?” dice “Non male, no? Secondo me è venuta bene. Sono bravo, eh? Ammettiamolo, ci vuole un professionista.”
Si sistema il cavallo dei pantaloni.
“Ecco il suo caffè.” Dico.
Lui dice: “Lei vive da solo, giusto?”.
Osserva il soggiorno. Scuote la testa.
“È dura, è dura.” Dice.
Si siede accanto alla fotocamera, appoggia la schiena con un sospiro e sorride, come se sapesse qualcosa che non mi avrebbe rivelato.
“Beva il caffè” dico io.
 Sto cercando qualcosa da dire.
“Tre ragazzini sono passati da qui, volevano dipingere il mio indirizzo sul marciapiede. Chiedevano un dollaro per farlo. Non è che lei ne sa qualcosa?”.
L’ho sparata un po’ a caso, ma lo osservo bene lo stesso.
Si china in avanti, serio in volto, la tazza in equilibrio tra gli uncini. La appoggia sul tavolino.
“Lavoro da solo” dice “sempre fatto, sempre lo farò. Cosa sta cercando di dire?” dice.
“Pensavo ci fosse un collegamento.” Dico io.
Ho mal di testa. So che il caffè non aiuta, ma la gelatina di frutta a volte sì. Riprendo in mano la fotografia.
“Ero in cucina” dico “di solito sto sul retro.”
“Succede sempre,” dice lui “quindi hanno preso e l’hanno lasciata, giusto? Ora guardi me, io lavoro solo. Allora cosa ne dice? La vuole la fotografia?”
“Si, la compro” dico.
Mi alzo e raccolgo le tazze.
“Certo che la compra.” Dice lui “Io, per esempio, ho una stanza in centro. Niente di che. Salgo su un autobus, faccio il giro della periferia, e quando ho finito il lavoro mi sposto in un’altra città. Capisce cosa le sto dicendo? Una volta avevo dei figli. Proprio come lei.”
Aspetto con le tazze in mano e lo guardo lottare per alzarsi dal divano.
Dice: “Loro mi hanno ridotto così.”
Osservo con attenzione quegli uncini.
“Grazie per il caffè e per il bagno. Io la capisco, sa.”
Solleva e abbassa i suoi uncini.
“Me lo dimostri” dico io “Mi dimostri quanto. Faccia altre foto, a me e alla casa.”
“Non funzionerà,” dice l’uomo “Loro non torneranno.”
L’ho aiutato lo stesso con le cinghie.
“Posso farle un’offerta speciale,” dice lui “Tre per un dollaro. Se le faccio di meno ci rimetto.”
Usciamo fuori. Lui mette a punto l’otturatore. Mi dice dove sistemarmi e iniziamo il lavoro.
Ci muoviamo intorno alla casa. Meticolosamente. A volte mi metto di profilo, altre volte guardo dritto l’obiettivo.
“Bene,” dice lui “Così va bene,” dice, fino a quando non terminiamo il giro della casa e siamo di nuovo davanti all’ingresso. “Ne ho fatte venti. Sono abbastanza.”
“No,” dico io “Sul tetto” dico.
“Gesù,” dice lui. Dà un’occhiata su e giù per la strada. “Come no,” dice “ora fa sul serio!”
Dico: “Baracca e burattini, tutto. Se ne sono andati con tutto.”
“Guardi questi!” dice l’uomo, sollevando di nuovo gli uncini.
Vado dentro e prendo una sedia. La sistemo vicino al garage. Ma non è alta abbastanza. Allora prendo una cassa e la metto sulla sedia.
Si sta bene in cima al tetto.
Mi alzo in piedi e mi guardo intorno. Saluto e l’uomo senza mani mi fa un cenno con gli uncini.
Poi vedo dei sassi. C’è come un piccolo nido di sassi tutt’attorno al camino. Sapete i bambini, si divertono a tirarli lassù pensando di centrare il camino.
“Pronto?” faccio io e prendo un sasso e aspetto fino a quando non mi vede nel mirino.
“Pronto!” risponde lui.
Porto il mio braccio all’indietro e urlo: “Ora!” Tiro quel figlio di puttana più lontano che posso.
“Non so,” lo sento gridare “Non faccio mai foto in movimento.”
“Ancora!” urlo io e prendo un altro sasso.


Viewfinder

A man without hands came to the door to sell me a photograph of my house. Except for the chrome hooks, he was an ordinary­looking man of fifty or so.
“How did you lose your hands?” I asked after he’d said what he wanted.
“That’s another story,” he said. “You want this picture or not?”
“Come in, “I said. “I just made coffee.”
I’d just made some Jell­y, too. But I didn’t tell the man I did. “I might use your toilet,” the man with no hands said.
I wanted to see how he would hold a cup.
I knew how he held the camera. It was an old Polaroid, big and black. He had it fastened to leather straps that looped over his shoulders and went around his back, and it was this that secured the camera to his chest. He would stand on the sidewalk in front of your house, locate your house in the viewfinder, push down the lever with one of his hooks, and out would pop your picture.
I’d been watching from the window, you see.
“Where did you say the toilet was?”
“Down there, turn right.”
Bending, hunching, he let himself out of the straps. He put the camera on the sofa and straightened his jacket.
“You can look at this while I’m gone.”
I took the picture from him.
There was a little rectangle of lawn, the driveway, the carport, front steps, bay window, and the window I’d been watching from in the kitchen.
So why would I want a photograph of this tragedy?
I looked a little closer and saw my head, my head, in there inside the kitchen window.
It made me think, seeing myself like that. I can tell you, it makes a man think.
I heard the toilet flush. He came down the hall, zipping and smiling, one hook holding his belt, the other tucking in his shirt.
“What do you think?” he said. “All right? Personally, I think it turned out fine. Don’t I know what I’m doing? Let’s face it, it takes a professional.”
He plucked at his crotch. ”
Here’s coffee, “I said.
He said, “You’re alone, right?”
He looked at the living room. He shook his head.
“Hard, hard,” he said.
He sat next to the camera, leaned back with a sigh, and smiled as if he knew something he wasn’t going to tell me.
“Drink your coffee,” I said.
I was trying to think of something to say.
“Three kids were by here wanting to paint my address on the curb. They wanted a dollar to do it. You wouldn’t know anything about that, would you?”
It was a long shot. But I watched him just the same.
He leaned forward importantly, the cup balanced between his hooks. He set it down on the table.
“I work alone,” he said. “Always have, always will. What are you saying?” he said.
“I was trying to make a connection,” I said.
I had a headache. I know coffee’s no good for it, but sometimes Jell­y helps. I picked up the picture.
“I was in the kitchen,” I said. “Usually I’m in the back.”
“Happens all the time,” he said. “So they just up and left you, right? Now you take me, I work alone. So what do you say? You want the picture?”
“I’ll take it,” I said.
I stood up and picked up the cups.
“Sure you will,” he said. “Me, I keep a room downtown. It’s okay. I take a bus out, and after I’ve worked the neighborhoods, I go to another downtown. You see what I’m saying? Hey, I had kids once. Just like you,” he said.
I waited with the cups and watched him struggle up from the sofa.
He said, “They’re what gave me this.”
I took a good look at those hooks.
“Thanks for the coffee and the use of the toilet. I sympathize.” He raised and lowered his hooks.
“Show me,” I said. “Show me how much. Take more pictures of me and my house.”
“It won’t work,” the man said.
“They’re not coming back.” But I helped him get into his straps.
“I can give you a rate,” he said. “Three for a dollar.” He said, “If I go any lower, I don’t come out.”
We went outside. He adjusted the shutter. He told me where to stand, and we got down to it.
We moved around the house.
Systematic. Sometimes I’d look sideways. Sometimes I’d look straight ahead.
“Good,” he’d say. “That’s good,” he’d say, until we’d circled the house and were back in the front again. “That’s twenty. That’s enough.”
“No,” I said. “On the roof,” I said.
“Jesus,” he said. He checked up and down the block. “Sure,” he said. “Now you’re talking.”
I said, “The whole kit and caboodle. They cleared right out.”
“Look at this!” the man said, and again he held up his hooks.
I went inside and got a chair. I put it up under the carport. But it didn’t reach. So I got a crate and put the crate on top of the chair.
It was okay up there on the roof.
I stood up and looked around. I waved, and the man with no hands waved back with his hooks.
It was then I saw them, the rocks. It was like a little rock nest on the screen over the chimney hole. You know kids. You know how they lob them up, thinking to sink one down your chimney.
“Ready?” I called, and I got a rock, and I waited until he had me in his viewfinder.
“Okay!” he called.
I laid back my arm and I hollered, “Now!” I threw that son of a bitch as far as I could throw it.
“I don’t know,” I heard him shout. “I don’t do motion shots.”
“Again!” I screamed, and took up another rock.

Minolta XG1 by Filippo Venturi

Non ho mai visto mio padre usarla per scattare una fotografia (almeno da quando ho memoria), quindi il mio legame con la sua Minolta XG1 è sempre stato piuttosto freddo. Tolto il matrimonio dei miei genitori e il mio primo compleanno, la quasi totalità delle fotografie del mio passato, che possiedo, le ho scattate io da piccolo con una fotocamera che chiesi in regalo e con cui a volte mi facevo fotografare.

Quindi, quando è arrivato il momento in cui ho dovuto riordinare le cose accumulate da mio padre in una vita, ho inventariato e conservato la sua fotocamera senza tante cerimonie. Il dettaglio più dolce che ho scoperto in quei giorni è che nel suo negozio di modellismo conservava un minuscolo album consumato dove c'erano 6 fotografie che mi aveva fatto negli anni e in cui posavo con un cane. Una foto per ciascun cane che abbiamo avuto.

Qualche giorno fa ho ripescato la sua borsa fotografica dall'armadio e le ho concesso una seconda opportunità. Il non indifferente corredo di lenti lascia pensare a due ipotesi: forse ha comprato l'attrezzatura in blocco, magari in un gesto improvviso a cui non è seguito poi un interesse e un utilizzo concreto oppure, negli anni, ha selezionato le diverse lenti lasciando immaginare una certa volontà e passione.

Solo a questo punto ho fatto quello che molti avrebbero fatto anni prima. Ho controllato la presenza di rullini usati. Due rullini erano ancora chiusi nella propria confezione di cartoncino giallo. Un rullino da 24 era conservato nel tipico cilindretto nero di plastica. Impossibile stabilire se fosse stato usato o meno. Infine, ho notato che il contatore della Minolta era sul numero 16 e ho quindi riavvolto il rullino contenuto al suo interno.

Ho da poco portato gli ultimi due rullini a far sviluppare e ora ho dalle 0 alle 40 fotografie, di un passato lontano almeno 30 anni, da scoprire. Non resta che attendere per vedere.

Intelligenza artificiale e fotografia, di Alessandro Curti e Alessio Fusi by Filippo Venturi

Intelligenza Artificiale e Fotografia
Testo di Alessandro Curti, Alessio Fusi
Serie [approfondimenti] #7
Anno, 2024; Isbn 9791281174160

Stiamo assistendo a una sinergia senza precedenti tra Intelligenza Artificiale e arte fotografica. Questa connessione profonda, che va ben oltre la questione tecnica, sta plasmando in modo significativo il nostro rapporto con le immagini, ridefinendo paradigmi estetici, professionali e giuridici. Questo saggio suggerisce una riflessione con l’intento di provare a fare luce su alcuni interrogativi. Quale direzione stanno prendendo le immagini nella società digitale? Come cambia il linguaggio della fotografia? Quali scenari filosofici e legali si aprono e quali evoluzioni possono emergere? Come cambiano le professioni legate alla fotografia? Inoltre, il saggio propone conversazioni e approfondimenti attraverso interviste a professionisti nel campo della fotografia, per offrire al lettore una panoramica chiara sulle sfide e le opportunità che stanno emergendo nella produzione e nell’interpretazione delle immagini.

Conversazioni con: Andrea Baioni, Luisa Bondoni, Alfredo Bosco, Joan Fontcuberta, Cristina Manasse, Michele Smargiassi, Filippo Venturi.

Formato, 11,5x19,5cm; Copertina, su Fedrigoni Woodstock Rosa da 250gr con alette da 10cm, stampa 1/0 colore nero; Interni, 104 pagine su usomano avoriata da 120gr, stampa 1/1 colore nero; Confezione, brossura filo refe.

Intervista per le studentesse di Girls code it better by Filippo Venturi

Oggi le ragazze di una scuola media di Forlì, che partecipano al progetto Girls code it better (coordinate da Lucia Fusillo), mi hanno intervistato circa il lavoro del fotografo che impiega anche l'intelligenza artificiale nei propri progetti

Più avanti uscirà il video con la mia intervista e quelle fatte ad altri professionisti che lavorano con la grafica 3D, il videomaking, il social media management e altro ancora!

Articolo sull'Intelligenza Artificiale (parte 2) su FOTOIT by Filippo Venturi

Nel numero di febbraio 2024 di FOTOIT, nella sezione Saggistica, è uscito il mio secondo articolo sull’intelligenza artificiale, dove racconto i lavori che ho realizzato con l’aiuto di questa tecnologia! In particolare approfondisco l’idea alla base e il conseguente sviluppo dei miei progetti “Broken mirror”, sulla dittatura nordcoreana, e “He looks like you”, sulla mia famiglia.

Speaker alla Convention ANFM 2024 by Filippo Venturi

A Marzo, a Matera, avrò l’onore di condurre una Masterclass su Fotografia e Intelligenza Artificiale, alla Convention ANFM 2024. Per la precisione l’evento si terrà giovedì 14 marzo 2024 dalle ore 16.45 alle ore 18.30, nella Sala Capelvenere, a Palazzo Malvinni Malvezzi.

Fra gli altri speaker Tomas van Houtryve, Huy Nguyen, Alessandro Cinque, Piero Piercoco e tanti altri!

ANFM sta per Associazione Nazionale Fotografi Matrimonialisti che da anni organizza incontri, workshop e masterclass che toccano tutto l’universo della fotografia.

Sito ufficiale: anfmconvention.it

IMAGINE. FRA FOTOGRAFIA E INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Workshop di Fotografia e Intelligenza Artificiale
Il workshop è focalizzato sull’incontro fra fotografia e intelligenza artificiale (I.A.) ed esplorerà l’evoluzione del ruolo dell’immagine nella comunicazione e nella vita quotidiana.
Il docente presenterà alcuni dei suoi progetti di fotografia documentaria, esponendo nel dettaglio la filosofia alla base di essa e le metodologie pratiche adottate nel compiere un progetto; spiegherà poi le notevoli differenze teoriche e pratiche che invece caratterizzano l'utilizzo dell'intelligenza artificiale nel realizzare un lavoro. Scopriremo come l’I.A. può ampliare le prospettive creative dei fotografi e le idee che sottendono alla creazione di progetti.
Ci concentreremo su come le immagini generate con l’I.A. stiano influenzando il mondo fotografico e la nostra percezione della realtà. Esamineremo diverse casistiche che negli ultimi mesi hanno avuto un impatto significativo nel panorama  della fotografia, e non solo. Affronteremo sia i timori legati all’adozione di questa nuova tecnologia, sia le potenzialità che essa porta con sé, aprendo un dibattito sul futuro dell’arte fotografica e della nostra interazione con le immagini digitali.
Vedremo alcuni esempi di utilizzo di software TTI (text-to-image) come Midjourney che, partendo da una descrizione testuale (prompt), generano una immagine sfruttando l'I.A.
Il workshop è rivolto a chiunque abbia un interesse per la fotografia e le immagini, sia amatoriale che professionale. Il workshop è teorico, dunque non sarà necessaria alcuna attrezzatura.

IL DOCENTE
Filippo Venturi è un fotografo documentarista e un artista visivo, con base in Italia.
Realizza progetti su storie e problematiche riguardanti l'identità e la condizione umana. Ha documentato diverse dittature totalitarie asiatiche, evidenziando col suo lavoro l’artificiosità con cui questi paesi si mostrano e narrano al mondo, e ha testimoniato le correnti neofasciste in Europa e i movimenti che, in risposta, si battono per proteggere i diritti delle minoranze e la democrazia.
I suoi lavori sono stati pubblicati su magazine e quotidiani come National Geographic, The Washington Post, The Guardian, Financial Times, Vanity Fair, Marie Claire, Newsweek, Geo, Der Spiegel, Die Zeit, Stern, Internazionale, La Repubblica, Il Corriere della Sera e La Stampa.
Negli ultimi anni si è dedicato a un progetto sulla penisola coreana, che è stato premiato con il Sony World Photography Awards, il Premio Il Reportage, il Premio Voglino e il Portfolio Italia - Gran Premio Hasselblad. I suoi lavori sono stati esposti in musei e festival in Italia e all'estero.
Ha iniziato a lavorare con i software di intelligenza artificiale di ultima generazione, realizzando lavori risultati finalisti al PhMuseum Photography Grant e al Cortona On The Move Award e premiati al Kolga Tbilisi Photo Awards e al Fotografia Calabria Festival. È stato uno degli artisti selezionati dal Photo Vogue Festival 2023, evento in cui è anche relatore con un intervento intitolato Broken Mirror. A dystopian guide to crossing the border.

Il Cacciatore di Michael Cimino, 45 anni dopo by Filippo Venturi

Vedere "Il Cacciatore" (1978, di Michael Cimino) in sala è, ovviamente, una esperienza molto diversa dal vederlo in televisione. Più potente e avvolgente. Tre ore di religioso silenzio davanti a un capolavoro del cinema.

Per errore sono arrivato alle 20.30, convinto che fosse l'orario di inizio e, vedendo la sala deserta, avevo pensato a che occasione persa fosse... Invece alle 21 la sala era mezza piena, con persone di tutte le età

Erano almeno 10 anni che non lo vedevo e, questa volta, penso di aver apprezzato maggiormente diversi aspetti, partendo dalla fotografia (nonostante il restauro in 4K non mi abbia impressionato particolarmente, evidentemente il materiale di partenza era in pessime condizioni), alla scenografia, alla comprensione di certe dinamiche adulte che oggi comprendo meglio, arrivando anche all'immedesimarmi coi personaggi e nel sentire, effettivamente, quanto fosse rassicurante la presenza di Mike (forse il mio De Niro preferito).

I Notturnali | La Biblioteca Malatestiana a lume di candela by Filippo Venturi

Ulisse viene guidato da Novello Malatesta all'interno della Biblioteca Malatestiana e nella ricerca di un codice andato perduto :)

Gran bella esperienza ai "Notturnali" nella Biblioteca Malatestiana a lume di candela, grazie anche al bravissimo attore Paolo Summaria!