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L’intelligenza artificiale (IA) può fare arte, autonomamente, destinata alle persone? by Filippo Venturi

Immagine generata con intelligenza artificiale da Filippo Venturi

Visto che il tema è tornato d'attualità, con l'imminente asta intitolata “Augmented Intelligence” dedicata alle opere realizzate con l'intelligenza artificiale e organizzata dalla casa d'arte Christie’s, condivido una mia breve riflessione su un aspetto in particolare.

L’intelligenza artificiale (IA) può fare arte, autonomamente, destinata alle persone?

Dire che l'IA, da sola, sarà in grado di produrre arte destinata alle persone significa forse fraintendere il motivo per cui le persone si rivolgono all'arte.

L’arte non è solo il risultato di un processo tecnico di generazione di immagini, testi o suoni, ma è un atto umano, radicato nell’esperienza soggettiva, nell'intenzionalità e nella comunicazione di significati.

Siamo interessati all'arte prodotta dagli esseri umani perché, in quanto nostri simili, siamo interessati a ciò che dicono e sentono: riguardo alla propria vita, l'esperienza, la percezione corporea e mentale e la relazione con il mondo. Inoltre, un'opera d'arte non è solo una finestra su chi l'ha creata, ma può anche riflettere su se stessa, interrogandosi sulla propria natura, sul proprio significato e sul contesto in cui prende forma.

Quando osserviamo un’opera d’arte, in genere, non ne consideriamo mai solo la combinazione armonica di alcuni elementi come forme e colori: la interroghiamo, cerchiamo in essa la traccia dell'autore, il riflesso della sua esperienza vissuta, il segno di autentica partecipazione emotiva. L’arte può essere un ponte attraverso cui gli esseri umani si parlano, si riconoscono e si mettono in discussione.

Allo stato attuale, l'IA può solo imitare l'arte prodotta da un essere umano perché così le è stato insegnato. Può replicare le fotografie di Robert Capa, ma senza partecipare allo sbarco in Normandia, può ricreare le fotografie intime di Nan Goldin, ma senza aver vissuto quelle esperienze, a quel tempo, in quel mondo, con quelle persone, se non attraverso l'imitazione. Può scrivere un romanzo nello stile di Dostoevskij, ma senza conoscere il tormento interiore che ha attraversato. L’IA non ha un corpo che soffre, una memoria che rielabora, un desiderio di esprimere qualcosa di irripetibile. Non ha intenzionalità e coinvolgimento. Per ora.

Forse un'opera d'arte prodotta interamente dall'intelligenza artificiale sarà davvero interessante quando potrà raccontare qualcosa che non appartenga a noi, ma a sé stessa.

P.S.
Questo non significa che non troveremo le IA interessanti quando produrranno contenuti social o dialogheranno con noi o produrranno imitazioni di opere d'arte umane e che provocheranno delle reazioni emotive. La delusione potrebbe arrivare scavando sotto la superficie. Per chi avrà interesse a farlo.

Tornare a scuola by Filippo Venturi

Statua di Icaro, nei pressi del Liceo Classico “Morgagni”, 2013.

In queste settimane ho l’opportunità di tenere un corso di fotografia a degli studenti di un Liceo Classico, affrontando sia la fotografia documentaria e sia le immagini generate dall’intelligenza artificiale che imitano la fotografia.

Nel momento in cui ho chiesto agli studenti di scegliere il tipo di progetto da realizzare, quasi tutti hanno optato per la fotografia documentaria. Devo ammettere che questa scelta mi ha sorpreso: mi aspettavo che fossero più attratti dalla novità tecnologica di cui si parla tanto da oltre due anni. Tuttavia, questa preferenza mi ha anche reso felice.

Chiaramente questo riscontro non ha alcuna valenza statistica né descrive un trend, dato il campione esiguo, ma lo riporto come semplice osservazione personale.

Come mi è capitato di raccontare, anche in qualche intervista, negli ultimi anni questa “abbuffata” di intelligenza artificiale mi ha dato la possibilità di sperimentare, di soddisfare la mia curiosità e di esprimermi attraverso diversi progetti. Eppure, non sono innamorato follemente di questa tecnologia.

Nei miei stessi lavori con l'IA, ho spesso espresso timori riguardo agli sviluppi futuri della IA stessa e, in uno in particolare, mi sono persino lasciato ingannare temporaneamente dall’illusione di poter superare il confine tra la vita e la morte.

Le lunghe ore notturne e solitarie trascorse davanti al computer a generare immagini hanno avuto, però, un effetto inaspettato: hanno riacceso in me, con ancora più forza, il desiderio di uscire, incontrare persone e documentare storie.

Infine, a un giovane consiglierei di sperimentare tutto, anche l’intelligenza artificiale. Ma, se è alle prime armi — come nel caso di questi studenti — credo sia più utile partire dalla fotografia tradizionale o, comunque, da un linguaggio espressivo con fondamenta solide e regole precise (che, una volta comprese a fondo, si possono anche infrangere).

Questo permette di intraprendere un percorso formativo e di entrare in sintonia personale e fisica con la forma d’arte scelta. Iniziare direttamente con l’intelligenza artificiale potrebbe risultare dispersivo: il suo potenziale è ampio, al punto di rischiare di confondere, perfino demoralizzare, ma anche deludere se non compreso appieno.

Forse quest'ultima considerazione vale solo per me ma, senza il mio background di fotografo, non avrei potuto realizzare nulla di ciò che ho fatto con l’intelligenza artificiale. Non con la stessa consapevolezza, lucidità e convinzione che quei progetti fossero autentiche espressioni del mio essere.

Talk su Fotografia e Intelligenza Artificiale di Marzo 2025 by Filippo Venturi

Marzo sarà un mese intenso e stimolante: partirò per una sorta di “tour” in cui terrò diversi talk pubblici su Fotografia e Intelligenza Artificiale. Saranno occasioni per riflettere insieme su immagini, percezione e realtà. Vi aspetto!

Ecco le date e i titoli degli interventi:

Se siete in zona, fate un salto!
Sarà un piacere incontrarvi e confrontarci :)

L'elefante nella stanza a specchi. Dov'è la fotografia? by Filippo Venturi

L'ELEFANTE NELLA STANZA A SPECCHI.
Dov'è la fotografia?

Ieri ho avuto l'onore e il piacere di partecipare all'inaugurazione della 20ª mostra dei Musei di San Domenico di Forlì, intitolata "Il ritratto dell'artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie".

In questi venti anni, l'offerta culturale dei Musei di San Domenico ha avuto un impatto significativo per la città e il territorio regionale e non solo, di cui anche io ho ampiamente beneficiato, a livello personale e artistico.

Tuttavia, c'era un "elefante nella stanza" che mi è sembrato così evidente da farmi pensare che fosse una decisione premeditata. Per questo, ho chiesto informazioni ad alcuni esperti del settore, che hanno visto da vicino la nascita di questa mostra, e ho capito che non si trattava di una scelta precisa.

Nell'ultima sala, dedicata alle opere più contemporanee e vicine alla fotografia, sono esposte due fotografie della performance "Ecstasy" di Marina Abramović, il video "Self Portrait. Submerged" di Bill Viola, e quella che sembra essere l'unica fotografia nata come tale: "Autoritratto" di Chuck Close, artista noto soprattutto come pittore iperrealista.

Manca la fotografia, quindi.

In una mostra che, fin dal titolo, esplora il tema dell'autoritratto e del selfie (termine che deriva da self-portrait photograph, autoritratto fotografico, caratterizzato dalla finalità di essere condiviso online), l'assenza della fotografia è sorprendente.

Gli unici "selfie" visibili erano quelli che si scattavano i visitatori, invitati a farlo dagli specchi, previsti nell'allestimento, e dalle superfici riflettenti, come quelle della Sala Ebe, dove la scultura di Canova (installazione permanente) è circondata da pannelli a specchio, creando un effetto visivo notevole.

Mentre, anche io, mi scattavo un selfie, ho avvertito ancora di più l'assenza della fotografia.

Tornerò sicuramente a visitare la mostra, con una guida, per comprendere meglio le opere esposte e trarre comunque insegnamenti e ispirazione. Tuttavia, mi rammarica constatare che, ancora una volta, la fotografia venga esclusa dal dialogo con le altre forme artistiche.

Lost in Translation, nel 2024 by Filippo Venturi

A distanza di anni, ho rivisto Lost in Translation di Sofia Coppola. Ricordavo fosse un buon film, ma questa volta me ne sono innamorato ancora di più.

È uno di quei film in cui sembra accadere poco, ma in realtà accade moltissimo. Due persone diverse, con due solitudini diverse – accentuate anche dalla differenza d’età – si incontrano e condividono un breve, intenso capitolo delle loro vite. Forse è proprio la consapevolezza che si tratti di qualcosa di profondo ma fugace, a renderlo così speciale. Forzare una storia del genere per trasformarla in qualcosa di ordinario non funzionerebbe.

Non è una di quelle avventure giovanili estive, leggere e spensierate, di cui a malapena ricordiamo i dettagli. È un contatto più maturo, quasi una pausa da una realtà troppo ingombrante, una parentesi in una dimensione parallela.

La magia di questa storia prende vita grazie a una sceneggiatura straordinaria (giustamente premiata con l’Oscar) e a una regia elegante, capace di creare atmosfere e suggestioni musicali difficili da ritrovare altrove (qualcosa di simile c'era anche nel suo film Somewhere).

Scarlett Johansson è meravigliosa, ma la mia adorazione va a Bill Murray: quando vidi il film per la prima volta, non lo avrei mai immaginato adatto per un ruolo di questo tipo (per me era ancora quello di Ghostbusters e Ricomincio da capo), e invece qui è perfetto. La sua ironia resta intatta, ma si arricchisce di profondità e fascino.

Il finale, pur ricordandomelo bene, funziona perfettamente. Se la prima volta avevo sentito la necessità di leggere online teorie su cosa si bisbigliassero all’orecchio, ora lo accetto per quello che è: un momento che non ha bisogno di essere spiegato.

Se non lo avete mai visto (o se, come nel mio caso, è passato troppo tempo), vi consiglio di recuperarlo!

Best 9 Instagram 2024 by Filippo Venturi

Anche quest’anno, il mio Best 9 di Instagram – ovvero i post che hanno suscitato maggior interesse – rappresenta una sorta di diario visivo degli avvenimenti più significativi che mi hanno toccato direttamente nel corso di questo 2024!

Come lo scorso anno, 3 di queste fotografie riguardano l’alluvione che ha nuovamente colpito la Romagna. Sono immagini tratte dal mio reportage su Traversara, paese in provincia di Ravenna, inondato due volte a causa della rottura dell’argine del fiume Lamone.

C’è una foto proveniente dal mio reportage sulle proteste a Tbilisi, in Georgia, dove molti giovani si sono mobilitati per chiedere nuove elezioni dopo i brogli di ottobre, affrontando una dura repressione da parte della polizia.

C’è il mio ritratto allo scrittore Emmanuel Carrère, un interessante incontro a Tbilisi nella notte delle elezioni in Georgia, in ottobre.

C’è l’annuncio con cui il Cosmo Photo Fest ha comunicato il premio al mio progetto “Broken Mirror”, svolto con l’uso dell’intelligenza artificiale, che è poi stato esposto nel Festival.

C’è un’immagine che documenta l’allestimento espositivo del mio progetto “He looks like you”, su mio padre e mio figlio, presentato a Groningen nei Paesi Bassi, nell’ambito della mostra Pixel Perceptions: Into the Eye of AI, che ha radunato una selezione internazionale degli artisti visivi più interessanti che lavorano con l'intelligenza artificiale.

C’è la locandina del mio public talk su fotografia e intelligenza artificiale, tenuto al Planetario di Modena e organizzato dal Circolo Fotografico Colibrì.

Infine, c’è una fotografia scattata da Elisa durante il mio ricovero in ospedale, lo scorso giugno. Nell’immagine gioco e scherzo con Ulisse, fingendo di lanciare ragnatele come Spider-Man, per rassicurarlo sul mio stato di salute e sul mio spirito positivo :)

Incontrare Emmanuel Carrère a Tbilisi by Filippo Venturi

In questi giorni a Tbilisi sono successe diverse cose interessanti, incontri piacevoli, ma anche brutte notizie.

La cosa più imprevedibile, però, è stato passare alcune ore con Emmanuel Carrère: entrambi interessati alle sorti della Georgia. Condividendo molteplici caffè e chiacchierate con Monica Perosino :)

Qui un ritratto e una foto nella press room dove attendevamo notizie sui risultati elettorali, la notte di sabato 26 ottobre 2024.

Martin Parr, Short & Sweet by Filippo Venturi

Quando mi chiedono quali sono i miei fotografi preferiti o a cui mi ispiro, non lo cito spesso. Forse per le tematiche affrontate lo vedevo meno "alto" di altri. Sbagliavo in pieno.

È uno dei fotografi che più spesso mi viene in mente quando viaggio, quando vado al mare, quando mi ritrovo a un evento kitsch, quando osservo dei turisti e così via. Nel recente viaggio in Inghilterra lo "vedevo" a ogni angolo. La mia giocosa serie di fotografie "Inglesi infreddoliti che cercano di godersi l'estate" era un palese omaggio nei suoi confronti. Una simile influenza su di me è decisamente fuori dall'ordinario.

Tutto questo l'ho pensato mentre giravo per le sale del Museo Civico Archeologico di Bologna, visitando la mostra "Short & Sweet" di Martin Parr. Ho osservato e ascoltato con avidità, ben due volte, la proiezione della sua intervista con Roberta Valtorta. L'ho anche registrata col telefono (per poi scoprire che c'era la trascrizione testuale nel catalogo).

Scusami Martin, non mi dimenticherò più di citarti :)


When I am asked who my favourite photographers are or who inspire me, I don't often mention him. Perhaps because of the subjects he deals with, I see him as less ‘tall’ than others. I was completely wrong.

He is one of the photographers who most often comes to mind when I travel, when I go to the beach, when I find myself at a kitch event, when I observe tourists and so on. On the recent trip to England I ‘saw’ him on every corner. My playful series of photographs ‘chilly Brits trying to enjoy the summer’ was a blatant homage to him. Such an influence on me is definitely out of the ordinary.

All this occurred to me as I wandered the rooms of the Museo Civico Archeologico in Bologna, visiting Martin Parr's exhibition ‘Short & Sweet’. I watched and listened avidly, twice, to the screening of his interview with Roberta Valtorta. I even recorded it with my phone (only to discover that there was a text transcript in the catalogue).

Sorry Martin, I will never forget to mention you again :)

Two years later by Filippo Venturi

Due anni fa mi trovavo a Londra per i funerali della regina Elisabetta II. Nonostante non sia mai stato particolarmente interessato alla famiglia reale, nutro un forte legame con Londra, una città che amo e che ho visitato diverse volte. Sentivo il bisogno di essere lì in quei giorni di lutto, per vivere da vicino un momento storico.

Per oltre quattro giorni, Westminster Hall ha ospitato la camera ardente della regina, e una fila chilometrica di persone divideva in due la città per rendere omaggio, con attese anche superiori alle 24 ore.

Il giorno del funerale, il 19 settembre 2022, Londra si era fermata. Le strade erano deserte, il traffico bloccato, e nell'aria c'era un silenzio surreale, interrotto solo dal rumore delle sirene della polizia e dagli elicotteri che sorvolavano la città. Ho seguito la folla e sono arrivato a Hyde Park, dove erano stati allestiti dei maxi schermi per seguire la cerimonia. Non avevo interesse nel cercare di entrare a Westminster Abbey o di fotografare personalità varie. Mi interessavano le persone comuni e quell'enorme distesa verde era ricoperta da migliaia di uomini e donne in lutto. È stata davvero un’esperienza unica.

Dopo Fidel Castro ed Elisabetta II, mi sono chiesto se oggi esista un'altra figura pubblica in grado di suscitare una partecipazione emotiva e un senso di appartenenza così vaste. Ne dubito.


Two years ago I was in London for the funeral of Queen Elizabeth II. Although I have never been particularly interested in the royal family, I have a strong connection to London, a city I love and have visited several times. I felt the need to be there during those days of mourning, to experience a historic moment up close.

For more than four days, Westminster Hall hosted the Queen's funeral chamber, and a kilometre-long line of people divided the city in two to pay their respects, with waits of more than 24 hours.

On the day of the funeral, 19 September 2022, London had come to a standstill. The streets were deserted, the traffic stopped, and there was a surreal silence in the air, broken only by the sound of police sirens and helicopters flying over the city. I followed the crowd and arrived in Hyde Park, where giant screens had been set up to follow the ceremony. I had no interest in trying to get into Westminster Abbey or photographing various personalities. I was interested in ordinary people and that huge expanse of green was covered with thousands of mourning men and women. It was truly a unique experience.

After Fidel Castro and Elizabeth II, I wondered if there is another public figure today who can elicit such a vast emotional involvement and sense of belonging. I doubt it.

Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin) by Filippo Venturi

Ho finalmente visto "Gli spiriti dell’isola" (The Banshees of Inisherin), un film di Martin McDonagh e, come sospettavo, devo riconoscere che è davvero notevole, come i precedenti del regista (In Bruges e Tre manifesti a Ebbing, Missouri).

Il film ha l'atmosfera di una pièce teatrale, con una narrazione intima che si svolge in pochi luoghi che si ripetono, incorniciati dagli splendidi paesaggi irlandesi, e con una grande cura della fotografia. Questo paese, che adoro e in cui sono stato diverse volte, fa da sfondo a una duratura amicizia fra due uomini che improvvisamente viene interrotta da uno dei due. Nel frattempo, di là dal mare, sulla terra ferma, risuonano i bombardamenti (siamo nel 1923).

Le dinamiche con cui questa amicizia si interrompe e si trasfoma in altro, possono sembrare una semplice metafora della guerra civile in corso ma, scavando più a fondo, accorgendosi anche di personaggi che sembrano secondari, emergono diverse stratificazioni narrative e figure enigmatiche che arricchiscono la trama, conferendole una certa complessità e interesse nell'interpretarne i significati, anche collegandosi a miti e leggende dell'Irlanda.

Colin Farrell, che di solito non mi è particolarmente simpatico, qui è magnifico, persino meglio di Brendan Gleeson, un attore che adoro.

Se dovessi trovare un difetto, direi che l'inizio potrebbe sembrare un po' ripetitivo, ma con un cast di questo calibro e una cura così meticolosa di ogni aspetto, è un dettaglio che si dimentica presto. Una volta che il film ingrana, è impossibile non lasciarsi coinvolgere e trasportare.