Seoul

Prison Inside Me su Escape Australia by Filippo Venturi

(english below)

Sulla rivista Escape Australia è stata pubblicata una selezione di fotografie dal mio lavoro su Prison Inside Me.

Dopo aver realizzato il progetto L’Ira Funesta, dedicato alla Camera della Rabbia di Forlì — uno spazio in cui era possibile sfogare stress e rabbia distruggendo oggetti con mazze da baseball e martelli da demolizione — sono venuto a conoscenza di un altro ambiente pensato per liberarsi dallo stress, ma con dinamiche diametralmente opposte. Invece della violenza fisica e catartica, Prison Inside Me propone l’isolamento, la rinuncia alla tecnologia e la meditazione, in un contesto volutamente ispirato all’essenzialità di una prigione: le “celle” sono le stanze in cui alloggiano gli ospiti, o meglio, i pazienti.

Fondato nel 2013 da Jihyang Noh e da suo marito, il centro si trova a Nam-myeon, a circa 90 chilometri a est di Seul, immerso tra colline e boschi. Le stanze misurano appena 6 metri quadrati, sono spoglie, senza orologi né dispositivi tecnologici, e chi vi soggiorna indossa una divisa blu con numero identificativo.

Il progetto nasce come risposta al crescente malessere psicologico causato dalla pressione sociale e lavorativa in Corea del Sud, un Paese che in pochi decenni ha attraversato una rapidissima trasformazione, passando da una condizione semifeudale a una delle società tecnologicamente più avanzate del mondo. Questo salto, però, ha generato gravi effetti collaterali: ansia, isolamento, alcolismo e uno dei tassi di suicidio più alti al mondo.

Durante la mia visita, la direttrice Jihyang Noh mi ha raccontato che l’idea del centro è venuta al marito, avvocato, in un periodo particolarmente stressante della sua vita professionale. Sentiva il bisogno di fermarsi, ma non poteva permetterselo. Così ha immaginato un luogo in cui rinchiudersi volontariamente, per ritrovare equilibrio e riprendere il controllo della propria esistenza.

Le camere vengono chiuse a chiave solo di notte. Di giorno, chi lo desidera può uscire all’aperto e passeggiare nella cosiddetta “Foresta della Meditazione”. Altri preferiscono restare nella propria cella, dove meditano, pregano, scrivono o semplicemente piangono. Alcuni si limitano a guardare fuori dalla finestra. E proprio lì, nel silenzio e nella solitudine, si svela la sfida più grande: restare soli con se stessi. Ma è anche il primo passo per trasformare la propria quotidianità e ritrovare una serenità autentica.

Nessuno, fino a oggi, ha mai abbandonato il programma prima del termine, sono consapevoli di essere lì per loro stessi.


A selection of photographs from my work on Prison Inside Me was published in the magazine Escape Australia.

After completing the project L’Ira Funesta, dedicated to the Rage Room in Forlì — a space where people could vent stress and anger by smashing objects with baseball bats and demolition hammers — I came across another environment designed to relieve stress, but with completely opposite dynamics. Instead of physical and cathartic violence, Prison Inside Me offers isolation, disconnection from technology, and meditation, in a setting deliberately inspired by the minimalist aesthetics of a prison: the “cells” are the rooms where guests — or rather, patients — stay.

Founded in 2013 by Jihyang Noh and her husband, the center is located in Nam-myeon, about 90 kilometers east of Seoul, surrounded by hills and forests. The rooms are just 6 square meters in size, bare, with no clocks or technological devices, and guests wear a blue uniform with an identification number.

The project was created in response to the growing psychological distress caused by social and work-related pressure in South Korea — a country that, in just a few decades, has undergone a rapid transformation from a semi-feudal state into one of the most technologically advanced societies in the world. However, this leap has brought with it serious side effects: anxiety, isolation, alcoholism, and one of the highest suicide rates in the world.

During my visit, the director Jihyang Noh told me that the idea for the center came from her husband, a lawyer, during an especially stressful time in his professional life. He felt the need to stop, but couldn’t afford to. So he imagined a place where one could voluntarily shut oneself away, in order to recharge and regain control over one’s life.

The rooms are locked only at night. During the day, those who wish can go outside and walk in what they call the “Meditation Forest.” Others prefer to remain in their cell, where they meditate, pray, write, or simply cry. Some just sit and stare out the window. And it is precisely there, in silence and solitude, that the greatest challenge reveals itself: being alone with oneself. But it’s also the first step toward transforming one’s daily life and rediscovering a genuine sense of serenity.

To this day, no one has ever left the program before completing it. They are fully aware that they are there for themselves.

Made in Korea, 10 anni dopo by Filippo Venturi

[English below]

Il recente suicidio di tre studentesse a Busan ha riacceso, in Corea del Sud, il dibattito sull’enorme competizione e pressione che grava sui giovani, in ambito scolastico ma non solo, e che li condiziona pesantemente, spingendoli anche a gesti tragici. Nei loro messaggi di addio, le ragazze esprimevano forti timori riguardo all’ultimo anno di liceo e a ciò che sarebbe venuto dopo.

Un'indagine del 2022, condotta su oltre 130.000 studenti dal Ministero dell'Istruzione, ha evidenziato che il 20,3% degli studenti delle medie e superiori ha pensato al suicidio, attribuendone la causa principale all’ansia per il futuro e per la carriera.

L’anno scorso, la "Legge sulla prevenzione del suicidio" ha reso obbligatorio almeno un intervento educativo annuale al benessere mentale nelle scuole di ogni ordine, ma gli esperti concordano che questo non sarà sufficiente. Il sistema educativo – con giornate scolastiche fino a 13–16 ore, frequenti lezioni serali private (hagwon) e un enorme impegno in ripetizioni – è riconosciuto da tempo come un fattore preponderante nello stress studentesco.

Secondo la psichiatra Lee Yeon-jeong, in un report del 2019, gli adolescenti coreani spesso non mostrano segnali esterni prima di compiere gesti estremi: “In Occidente gli adolescenti possono abusare di sostanze o avere comportamenti antisociali, ma in Corea chi si suicida è spesso silenzioso ed educato”. Questa discrezione è radicata nella cultura coreana, che scoraggia l’espressione delle difficoltà.

Quando nel 2014 ho iniziato a studiare gli effetti collaterali subìti dai giovani sudcoreani immersi in una società altamente competitiva e con forti pressioni sociali, anche provenienti dalla famiglia — che ho poi raccontato nel lavoro Made in Korea nel 2015 — confesso che mi sarei aspettato dei progressi 10 anni dopo, ma così non è stato. Negli anni 2020-2022, anche a causa della pandemia, il problema si era persino aggravato.

Il nuovo presidente coreano Lee Jae-myung ha dichiarato che la prevenzione del suicidio giovanile sarà una priorità nazionale, anche grazie a un rafforzamento di screening psicologici, formazione dei “gatekeeper” (insegnanti, operatori sanitari) e maggiore supporto alle famiglie. C'è da sperare che sia vero.

[Alcune fotografie dal mio lavoro Made in Korea]


The recent suicide of three female students in Busan has reignited, in South Korea, the debate over the intense competition and pressure weighing on young people—not only in the academic sphere—and how heavily it affects them, sometimes pushing them toward tragic actions. In their farewell messages, the girls expressed deep fears about their final year of high school and what would come afterward.

A 2022 survey, conducted on over 130,000 students by the Ministry of Education, revealed that 20.3% of middle and high school students had contemplated suicide, citing anxiety about the future and their careers as the main reason.

Last year, the "Suicide Prevention Act" made it mandatory for schools at all levels to provide at least one annual educational session focused on mental well-being, but experts agree that this will not be enough. The education system—with school days lasting up to 13–16 hours, frequent evening private lessons (hagwon), and a heavy load of tutoring—is widely recognized as a major contributor to student stress.

According to psychiatrist Lee Yeon-jeong, in a 2019 report, Korean teenagers often show no outward signs before taking extreme actions: “In the West, teenagers may abuse substances or display antisocial behavior, but in Korea, those who take their own lives are often quiet and well-mannered.” This discretion is rooted in Korean culture, which discourages the expression of personal struggles.

When in 2014 I began studying the side effects suffered by young South Koreans immersed in a highly competitive society with intense social pressure, including from their families - as I documented in my 2015 project Made in Korea - I expected to see some progress ten years later. But that has not been the case. Between 2020 and 2022, the issue even worsened, partly due to the pandemic.

South Korea’s new president, Lee Jae-myung, has declared that preventing youth suicide will be a national priority, including through the strengthening of psychological screenings, the training of “gatekeepers” (teachers, healthcare workers), and increased support for families. One can only hope it’s true.

[Some photographs from my project Made in Korea]

Best 9 Instagram 2023 by Filippo Venturi

Anche quest’anno il mio best 9 di Instagram (cioè i miei post che hanno suscitato più interesse) sono una buona traccia per ricordare gli avvenimenti, che mi hanno toccato direttamente, più importanti dell’anno che volge al termine!

Ci sono 4 fotografie con cui ho documentato l’alluvione che ha colpito la mia regione, in particolare di Cesena e Forlì. Ci sono 4 immagini generate con l’intelligenza artificiale. C’è una fotografia molto tenera scattata a Seoul sul finire del 2022, ma pubblicata nel 2023.

Entrando nel dettaglio:

- La fotografia scattata a Seoul risale all’ennesimo mio viaggio nella penisola coreana, in cui ho portato a termine il terzo capitolo del mio progetto intitolato “Awakenings”, dove racconto e raccolgo le testimonianze dei nordcoreani che sono fuggiti dal regime totalitario e che oggi vivono in Corea del Sud. Info: https://t.ly/qqTMp

- Delle 4 fotografie con cui ho documentato l’alluvione: una mostra i ragazzi della comunità senegalese che sono intervenuti per aiutare i propri amici che vivono in uno dei quartieri più colpiti, ma anche gli abitanti più anziani. Sono felice di essere arrivato proprio al momento giusto, per fotografare e smentire certi luoghi comuni che si stavano diffondendo persino durante un momento così drammatico. Una seconda fotografia mostra tracce di mani infangate all’interno di una abitazione cesenate. Un’altra mostra un campetto da basket allagato e infine c’è una catasta di libri da cui ne spuntava uno il cui titolo richiama l’ultimo verso dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri: “e quindi uscimmo a riveder le stelle”. Io non ho modificato la situazione, chi ha ammassato quei libri probabilmente aveva per la testa cose più importanti che disporre quel libro in quella posizione, quindi si è trattato di una coincidenza curiosa e, in qualche modo, incoraggiante. Qui trovate altre mie fotografie dell’alluvione: https://t.ly/Q6d3b.

- Delle 4 immagini generate con l’intelligenza artificiale: una mostra la mia prima pubblicazione di questo tipo, sul settimanale Internazionale, con immagini tratte dal mio lavoro Broken Mirror; qui maggiori info: https://t.ly/360q_. Un’altra mostra mio padre Giorgio e mio figlio Ulisse passare del tempo insieme, nonostante non abbiano mai avuto l’occasione di conoscersi. Il lavoro completo si intitola He looks like you; qui maggiori info: https://t.ly/VX2ms. La terza è sempre tratta da Broken Mirror; qui maggiori info: https://t.ly/360q_. Infine, la quarta, è tratta da una provocazione che ho voluto fare, generando le ipotetiche immagini che avrebbero potuto vincere tutte le edizioni del World Press Photo, il principale premio rivolto ai fotogiornalisti; maggiori info qui: https://t.ly/oCGXs.

Awakenings premiato al Festival di Fotografia Etica di Lodi by Filippo Venturi

Il mio lavoro "Awakenings", sui nordcoreani fuggiti dal proprio paese, svolto in collaborazione con l'ONG People for Successful Corean Reunification (PSCORE), è stato premiato nella Open call "Nonprofit World 2023", del Festival di Fotografia Etica di Lodi!

Durante il festival (dal 29 settembre al 30 ottobre 2023), terrò delle visite guidate alla mostra; le date esatte saranno rese note più avanti. Per chi vorrà, ci vediamo a Lodi.

Sito della Call, con i lavori premiati: https://www.festivaldellafotografiaetica.it/ong-selezionate-2023/
Sito della ONG: https://pscore.org

Programma del Festival

Awakenings finalist al Nonprofit World 2023 del Festival di Fotografia Etica di Lodi by Filippo Venturi

Il mio lavoro "Awakenings", sui nordcoreani fuggiti dal proprio paese, svolto con l'ONG People for Successful Corean Reunification (PSCORE), è fra i finalisti della Open call "Nonprofit World 2023" del Festival di Fotografia Etica di Lodi!

Sito della Call, con i finalisti: https://t.ly/XgMIR
Sito della ONG: https://pscore.org

Padiglione Seoul-Pyongyang al Festival Countless Cities, la Biennale delle Città del Mondo by Filippo Venturi

Alcune fotografie dall'inaugurazione del festival Countless Cities, la Biennale delle Città del Mondo, a Palazzo Tortorici a Mazzarino (Sicilia), visitabile dal 24 giugno 2023 al 28 gennaio 2024. In particolare del padiglione Seoul-Pyongyang, da me curato

Per la prima volta, i miei 3 capitoli fotografici sulla penisola coreana sonno esposti assieme. A circa un mese dal 70° anniversario della fine della Guerra di Corea (in realtà Corea del Sud e Corea del Nord risultano ancora in guerra perché, alla firma dell’armistizio di Panmunjeom del 27 luglio del 1953, non è mai seguito un trattato di pace), dopo Korean Dream e Made in Korea, esordirà anche l'ultimo capitolo Awakenings, sui nordcoreani (in prevalenza donne) che sono fuggiti dal paese.

L’evento è organizzato da FARM CULTURAL PARK!

Public Talk a Rosignano Marittimo by Filippo Venturi

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Venerdì 6 marzo 2020, alle ore 21.15 terrò un incontro pubblico a Rosignano Marittimo (LI), presso la Sala Concerti UNIPOP, nell'ambito della rassegna "Di Foto In Foto" organizzata dall’Associazione Culturale Fabbrica Immagini!

Parleremo di fotografia, racconterò il mio percorso e presenterò il mio libro “Korean dream, made in Korea”.

Incontro con l’autore Filippo Venturi
Fotografia come Testimonianza della Realtà
Venerdì 6 Marzo 2020, ore 21.15, ingresso libero
Sala Concerti Unipop, Teatro E. Solvay, Via Ernesto Solvay, 40
A cura dell’Associazione Culturale Fabbrica Immagini

Lo locandina dell’evento

Lo locandina dell’evento

Pubblicazione su Das Magazin by Filippo Venturi

Il mio lavoro Made in Korea, sui giovani sud coreani, è uscito oggi su Das Magazin, settimanale svizzero.

"Se i giovani sud coreani dovessero descrivere il proprio stile di vita, lo chiamerebbero l'inferno coreano. Hanno un solo desiderio: emigrare." - Testo di Tugba Ayaz.