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Misery non deve generare male by Filippo Venturi

Misery non deve generare male

La casa editrice italiana Sperling & Kupfer (Gruppo Mondadori) ha presentato le nuove copertine dei romanzi di Stephen King, uno degli autori di punta del suo catalogo da diversi decenni.

A prima vista, viene il forte sospetto (userò il condizionale, per prudenza e per evitare beghe) che queste illustrazioni siano state generate tramite l'intelligenza artificiale (I.A.), a causa di alcune caratteristiche grafiche riconoscibili.

Un occhio un po' allenato potrebbe anche supporre che sia stata usata in modo frettoloso e poco accorto, nonostante il contesto professionale.

I software generativi basati su I.A., specie quelli avanzati, offrono ormai buone potenzialità, ma richiedono competenza e sensibilità nel loro utilizzo.

Questo caso mi porta a fare una serie di osservazioni. Vediamole:

1 - Non è il mio campo, ma avverto l'assenza di una direzione stilistica unitaria: non si percepisce un progetto coerente nella scelta delle atmosfere, dei colori o degli elementi rappresentati. Anche la composizione tipografica è incoerente: tutti i titoli sono allineati in basso, tranne quello di "Mr Mercedes".

2 - Il risultato (le copertine) fa pensare a un possibile uso dei prompt abbastanza semplice e letterale, ben lontano dal prompt-engineering. Prendiamo "Il miglio verde", un meraviglioso romanzo che offre tanti spunti ed elementi per una copertina, qui ridotto a una camionetta che percorre una strada verde (l'interpretazione letterale del software di un miglio verde?).

3 - La copertina di "22/11/1963" rende centrale, visivamente, la figura di Jacqueline Kennedy, ma è più che marginale nel romanzo. Inoltre JFK sembra fuso nella portiera. Le dita della sua mano sinistra sono ambigue, come pure lo è la maniglia della portiera.

4 - La copertina di "Misery" è forse la più riuscita. L'isolamento è un tema centrale del romanzo e questa immagine lo trasmette. Questa scelta di mostrare il luogo degli avvenimenti, da lontano, con una vista a volo di uccello, avrebbe potuto funzionare come linea per la creazione di tutte le copertine.

5 - La copertina di "Joyland" è ambigua nel modo in cui sono posizionate le sedute della giostra, come se fosse stata data la priorità alla prospettiva e alla simmetria, rispetto alla coerenza con la realtà. Una scelta estetica, dove la forma viene anteposta alla correttezza.

6 - "Pet Semetary" non mi convince per l'atmosfera quasi rassicurante. Io in realtà, visto il tema trattato, da quando sono diventato padre non riesco a rileggerlo né a riguardarne la trasposizione cinematografica. In generale comunque direi che è passabile.

7 - "Mr Mercedes" è probabilmente la copertina più anonima del gruppo. Un’immagine “da stock”, senza tensione né mistero, incapace di restituire l’atmosfera del romanzo.

8 - In generale, queste copertine danno l’impressione di immagini generiche, prive di carattere e legame con l’opera. Sento la mancanza delle copertine storiche e anche di quelle del "Club del Libro" :)

L'Arte di Vincere, di Phil Knight by Filippo Venturi

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Ieri notte, alle due, ho finito l'autobiografia di Phil Knight. Si tratta di un libro molto scorrevole che racconta come il fondatore della Nike sia passato dall'essere un ventenne curioso di vedere il mondo (in un'epoca dove si era mal visti nel viaggiare senza un motivo preciso, a partire da suo padre) e di realizzare il proprio sogno di vendere scarpe al diventare il fondatore del colosso che oggi tutti conosciamo.
Il libro narra i primi viaggi di Phil in Giappone, dove ancora riecheggiavano le due bombe nucleari e dove la differenza e diffidenza culturale creerà situazioni imbarazzanti e indecifrabili, col nostro eroe che ad un certo punto si troverà ad inventarsi il nome dell'azienda che ancora non ha creato per sottoscrivere un accordo preliminare con i giapponesi della Onitsuka, diventandone inaspettatamente il rivenditore per gli USA.
La narrazione prosegue raccontando l'evoluzione dell'azienda (con sullo sfondo il gigante Adidas), compreso il modo rocambolesco con cui sceglieranno il nome Nike ed il logo, e della vita personale dell'autore, mantenendo un tono informale, autoironico, trasmettendo al lettore il desiderio di dare il massimo nel proprio campo.
Sicuramente lodevole lo spazio dedicato ai suoi collaboratori, strambi e buffi, ma a cui riconosce la brillantezza e i meriti che hanno dimostrato nel proprio lavoro. Ne risente l'aspetto familiare, raccontato in modo discontinuo e superficiale, ma tutto sommato non ho sentito la necessità di un approfondimento.
La galoppata, iniziata negli anni '60 e durata fino agli inizi degli anni '80, si conclude con l'ultimo capitolo che compie un salto di 27 anni, siamo nel 2007, i ragazzi che hanno dato tutto per la Nike sono ormai anziani, il leggendario Bill Bowerman è morto, qualcuno ha "tradito" andando a lavorare per Adidas, altri si sono ritirati a vita privata e confesso che è stato un colpo basso pensare al tramonto di quel gruppo di giovani talenti.
Insomma un libro molto piacevole, interessante e stimolante, che consiglio.

"Alla mia sinistra c'era il Partenone, che Platone aveva visto costruire da squadre di architetti e muratori. Alla mia destra il tempio di Atena Nike. Duemilacinquecento anni prima, stando alla mia guida, avevo ospitato un bellissimo fregio della dea Atena, ritenuta portatrice di nike, la vittoria. [...] Non so quanto tempo rimasi li, ad assorbire l'energia e il potere di quel luogo epocale. Un'ora? Tre? Non so quanto tempo dopo ho scoperto una commedia di Aristofane ambientata nel tempio di Nike, in cui il guerriero dona al re... un paio di scarpe nuove. Non so quando mi resi conto che il titolo inglese di quell'opera era Knights. So che quando mi girai per andarmene notai la facciata marmorea del tempio, che gli artigiani greci avevano decorato con varie scene ammalianti, compresa la più famosa, in cui la dea si china inspiegabilmente... a riallacciarsi un sandalo."